>Composizione: primavera 1820 a Recanati
>3 pubblicazioni:
-1825 sul «Nuovo Ricoglitore»
(Titolo originale: «La sera del giorno festivo»)
-1826 nei Versi
-1831 nei Canti
>Fase: pessimismo storico
>Fa parte delle «Idilli» (1819-1821)
Dolce e chiara è la notte e senza vento,
e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
posa la luna, e di lontan rivela
serena ogni montagna. O donna mia,
già tace ogni sentiero, e pei balconi
rara traluce la notturna lampa:
tu dormi, che t’accolse agevol sonno
nelle tue chete stanze; e non ti morde
cura nessuna; e già non sai né pensi
quanta piaga m’apristi in mezzo al petto.
Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno
appare in vista, a salutar m’affaccio,
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e l’antica natura onnipossente,
che mi fece all’affanno. A te la speme
nego, mi disse, anche la speme; e d’altro
non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.
Questo dì fu solenne: or da’ trastulli
prendi riposo; e forse ti rimembra
in sogno a quanti oggi piacesti, e quanti
piacquero a te: non io, non già ch’io speri,
al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo
quanto a viver mi resti, e qui per terra
mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi
in così verde etate! Ahi, per la via
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Dolce e chiara è la notte e senza vento,
e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
posa la luna, e di lontan rivela
serena ogni montagna. O donna mia,
già tace ogni sentiero, e pei balconi
rara traluce la notturna lampa:
tu dormi, che t’accolse agevol sonno
nelle tue chete stanze; e non ti morde
cura nessuna; e già non sai né pensi
quanta piaga m’apristi in mezzo al petto.
Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno
appare in vista, a salutar m’affaccio,
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•ENJAMBEMENTS: vv. 3-4; vv. 8-9; vv. 11-12
•APOSTROFE: v. 4
•2 ANAFORE: v. 7; v. 11
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e l’antica natura onnipossente,
che mi fece all’affanno. A te la speme
nego, mi disse, anche la speme; e d’altro
non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.
Questo dì fu solenne: or da’ trastulli
prendi riposo; e forse ti rimembra
in sogno a quanti oggi piacesti, e quanti
piacquero a te: non io, non già ch’io speri,
al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo
quanto a viver mi resti, e qui per terra
mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi
in così verde etate! Ahi, per la via
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•ENJAMBEMENTS: vv. 14-15
•PROSOPEA della Natura: vv. 14-16
•CLIMAX ASCENDENTE: v. 23
•METAFORA della giovinezza: v. 24
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>Notturno lunare
>Poesia antica
>Poesia «sentimentale»
>Poesia di «immaginazione»
>Titanismo
odo non lunge il solitario canto
dell’artigian, che riede a tarda notte,
dopo i sollazzi, al suo povero ostello;
e fieramente mi si stringe il core,
a pensar come tutto al mondo passa,
e quasi orma non lascia. Ecco è fuggito
il dì festivo, ed al festivo il giorno
volgar succede, e se ne porta il tempo
ogni umano accidente. Or dov’è il suono
di que’ popoli antichi? or dov’è il grido
de’ nostri avi famosi, e il grande impero
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di quella Roma, e l’armi, e il fragorio
che n’andò per la terra e l’oceano?
Tutto è pace e silenzio, e tutto posa
il mondo, e più di lor non si ragiona.
Nella mia prima età, quando s’aspetta
bramosamente il dì festivo, or poscia
ch’egli era spento, io doloroso, in veglia,
premea le piume; ed alla tarda notte
un canto che s’udia per li sentieri
lontanando morire a poco a poco,
già similmente mi stringeva il core.
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odo non lunge il solitario canto
dell’artigian, che riede a tarda notte,
dopo i sollazzi, al suo povero ostello;
e fieramente mi si stringe il core,
a pensar come tutto al mondo passa,
e quasi orma non lascia. Ecco è fuggito
il dì festivo, ed al festivo il giorno
volgar succede, e se ne porta il tempo
ogni umano accidente. Or dov’è il suono
di que’ popoli antichi? or dov’è il grido
de’ nostri avi famosi, e il grande impero
•ENJAMBEMENTS: vv. 25-26; vv. 30-31; vv. 33-34; vv. 34-35
•ANAFORA: vv. 33-34
•CLIMAX ASCENDENTE: vv. 33-36
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di quella Roma, e l’armi, e il fragorio
che n’andò per la terra e l’oceano?
Tutto è pace e silenzio, e tutto posa
il mondo, e più di lor non si ragiona.
Nella mia prima età, quando s’aspetta
bramosamente il dì festivo, or poscia
ch’egli era spento, io doloroso, in veglia,
premea le piume; ed alla tarda notte
un canto che s’udia per li sentieri
lontanando morire a poco a poco,
già similmente mi stringeva il core.
•ENJAMBEMENTS: vv. 35-36; vv. 38-39
•SINNEDDOCHE: v. 43
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- Il tempo che vanifica «ogni umano accidente»
- Il canto solitario che risuona nella notte
- Il silenzio della notte risaltato dal canto (in contrasto con l’animazione e la vita del giorno festivo)
- Riflessione sulla gloria dei popoli «antichi» (scomparsa nel presente)
- I giorni del poeta sono orrendi
- Ma l’infelicità è un NULLA È destinata a vanificarsi con il passare del tempo
- Il passare del tempo cancella ogni traccia dell’azione umana
- Idillio in endecasillabi sciolti
- Poetica del «vago e dell’indefinito»:
1)Linguaggio colloquiale, musicale e originale
2)Rappresentazione soggettiva della realtà esterna
3)Momenti essenziali della vita interiore del poeta