Per quanto riguarda la tragedia, la situazione italiana è poco rosea. Per lo più confinata alle filodrammatiche e alla ripresa di schemi e modelli classici, nel '500 fu genere minore, o per lo meno decisamente sotto tono, malgrado ruotasse attorno all'ambiente delle corti rinascimentali e tridentine. L'erudito e teorico del teatro tragico Gian Vincenzo Gravina, già maestro di Metastasio, tentò una via italiana alla tragedia che rispettasse le unità aristoteliche ma le sue tragedie sono fredde, preparate a tavolino e poco adatte alla rappresentazione. Nacque comunque sulla spinta di Gravina uno dei migliori tragediografi italiani del '700 prima di Alfieri: Antonio Conti che insieme a Scipione Maffei che scrisse la Merope, la tragedia italiana più rappresentativa di questo inizio secolo e aprì le porte alla tragedia di Alfieri.
Nel Seicento si sviluppano due filoni tragici in Europa:
1) quello legato al mondo classico (in cui si rispettano le unità aristoteliche, le regole compositive, la costruzione razionale dell'intreccio e della psicologia dei personaggi). Gli autori principali sono Pierre Corneille (1606-84) e Jean Racine (1639-99).
Nel Seicento si sviluppano due filoni tragici in Europa:
2) quello poco legato al mondo classico, o perché troppo religioso (come in Spagna), o perché rifiuta le regole aristoteliche e si collega a temi storici (come quello inglese di Christopher Marlowe e di William Shakespeare).
Il '700 vede comunque un'ampia polemica sull'osservanza ultraclassicista della tragedia.
Il senatore véneto Zaccaria Valaresso, autore nel 1724 della "arcisopratragichissima tragedia" Rutzvanscad il giovane, non fu l'unico a considerare la storicità dello spettatore una componente fondamentale della riflessione sulla tragedia; già prima di lui seri tentativi in questo senso erano stati fatti dal Maffei e da Pier Jacopo Martello, mentre dopo di lui quella via fu battuta da molti, inclusi Giulio Cesare Becelli,Pietro Calepio e Francesco Maria Zanotti.
Al contrario, il classicismo tragico dell'epoca appare radicato nell'universo ormai artificiale di antichi testi di lingua e di poesia piuttosto che nella realtà culturale del mondo contemporaneo.
*A. Cottignoli, Muratori teorico. La revisione della “Perfetta poesia” e la questione del teatro, Bologna, Clueb, 1987, p. 53.
Dal letterato riformatore Ludovico Antonio Muratori proviene invece il primo efficace tentativo di rivendicare, “da una posizione di medietà [...] la moralità di un nuovo teatro”* entro il quale sia anzitutto il drammaturgo, e non già l’attore, ad avere il ruolo egemone".
Una moralità per un nuovo teatro possibile solo attraverso il rinnovamento della concreta prassi spettacolare.
*A. Cottignoli, Muratori teorico. La revisione della “Perfetta poesia” e la questione del teatro, Bologna, Clueb, 1987, p. 53.
ASPETTI PREROMANTICI
L’inquietudine: desiderio di essere altrove, di fuggire, talvolta di morire.
Irrazionalità e prevalenza del sentimento in opposizione agli eccessi della Dea Ragione di concezione illuministica.
Alfieri scrive le sue tragedie lungo il corso di tutta la vita.
Esse seguono i dettami aristotelici (le unità di luogo, di tempo e di azione) e sono composte in endecasillabi sciolti, secondo la celebre procedura consistente in tre respiri: “ideare, stendere, verseggiare”.
I titoli sono tratti
1) dalla mitologia (Fedra),
2) dalla storia (Filippo)
3) dalla Bibbia (Saul).
Fondamentale è comunque l’interesse di Alfieri è per l’analisi psicologica dei personaggi.
Vittorio Alfieri, ritratto di François-Xavier Fabre (1797)
Attraverso l’eliminazione del tiranno, il tirannicida ottiene la libertà per sé e per gli altri e assurge a una funzione eroica, che si risolve nel prevalere di un’individualità eccezionale sopra un’altra individualità eccezionale.
Firenze, Basilica di Santa Croce: il monumento funebre scolpito da Canova, raffigurante l'Italia turrita afflitta per la morte del poeta, le maschere teatrali e il medaglione con il ritratto.
Alfieri elabora una poetica originale attraverso lo studio dei grandi classici greci.
Modernità della principale tematica trattata: lo scontro tra libertà e tirannide.
Lo schema delle tragedie vede la contrapposizione, violenta e insolubile, tra l’ideale della libertà individuale e la tirannide.
F. X. Fabre, Alfieri e la contessa d'Albany, 1796, Torino, Museo Civico di arte antica
Per quanto riguarda il lessico, riprese quello della lingua poetica tradizionale – di Dante, Petrarca e Tasso, che sommamente ammirava, e che per la sua «aulicità» si prestava alle esigenze di «sublimità» e «grandiloquenza» proprie della tragedia – ma lo piegò al proprio bisogno di accentuazione del «forte sentire». Il risultato è uno stile originale, caratterizzato da un lessico sobrio, parco, essenziale
Busto dedicato a Vittorio Alfieri a Torino, in Piazza Carignano
In Mirra, l ́intero svolgimento della tragedia ruota intorno alle «orribili tempeste del cuore infuocato ad un tempo e purissimo della più assai infelice che non colpevole Mirra.
Busto dedicato a Vittorio Alfieri a Torino, in Piazza Carignano
A differenza della Mirra di Ovidio, la Mirra di Alfieri lotta con tutte le sue forze contro questa passione impura. Umiliata da un sentimento che la schiaccia, dopo la terribile rivelazione si uccide, senza poter vantare fierezza o virtù.
Nel Saul lo schema dell’antitesi tra libertà e tirannide è superato; la rivalità tra re Saul e David non è più quella tra il tiranno e l’eroe della libertà
il vecchio re vede in David se stesso, e per questo lo ama, ma nel contempo lo odia, perché il giovane e valoroso guerriero rappresenta ciò che egli non è più e non potrà mai più essere.
Saul non è come i tiranni che l’hanno preceduto. In lui vi è una complessità di sentimenti che ne chiariscono anche la fondamentale umanità e le debolezze.
Il dramma romantico si sviluppò inizialmente in Germania, dove nell'ambito dello Sturm und Drang, autori come Johann Wolfgang von Goethe e Friedrich Schiller prendevano ad ispirazione per le loro opere non il dramma borghese ma il "genio assoluto" di Shakespeare con le sue smodate e prorompenti passioni.
Degli ideali romantici e neoclassici si nutrirono molte tragedie di soggetto storico o mitologico. Il romanticismo teatrale italiano si rifà ad autori come Alessandro Manzoni (autore di tragedie come l'Adelchi e Il Conte di Carmagnola) e Silvio Pellico (celebre la sua tragedia Francesca da Rimini, basata sulla tragica storia narrata da Dante nel V canto dell'Inferno).
la tragedia, secondo la tradizione classicistica, veniva rigidamente codificato sulla base della Poetica di Aristotele, secondo le tre unità di luogo, tempo e azione. La regola dell'unità prescriveva che l'azione della tragedia...
non superasse la durata delle ventiquattro ore
si svolgesse in un unico luogo, senza cambiamenti di scena,
si mantenesse fissa l'azione.
Il Romanticismo italiano elabora una nuova forma di tragedia, la tragedia storica, che vuole collacare la storia dei personaggi in un determinato e fedele contesto storico, ma completato con sentimenti e passioni tipici del movimento romantico.
Sono due le tragedie scritte da Alessandro Manzoni: “Il conte di Carmagnola“, composta nel 1816 e pubblicata nel 1820, e “Adelchi“, composta tra il 1820 e il 1822, quando fu pubblicata con la dedica alla moglie Enrichetta Blondel. Manzoni concepì anche una terza tragedia, “Spartaco”, ma, pur avendo raccolto un copioso materiale storico intorno all’argomento, non la portò a termine.
La novità della tragedia di Manzoni consiste innanzitutto nel rifiuto delle unità aristoteliche.
Limitare lo sviluppo di un'azione in stretti limiti di tempo e di luogo costringe a un'esagerazione delle passioni;
da questo nasce il “falso”, ciò che Manzoni definisce il “romanzesco”, della tragedia classicistica:
una sorta di forzatura delle passioni a cui non corrispondono i veri comportamenti umani e che non fa “parlare gli uomini né come parlano abitualmente, né come potrebbero parlare” (lettera a Claude Fouriel).
Manzoni rispettò solo l’unità di azione, intesa non nel senso di “unicità”, ossia di rappresentazione di un fatto unico e isolato, ma come rappresentazione di un complesso organico di avvenimenti, di un pezzo di storia, come dice il Sansone, in sé concluso: nel Carmagnola la tragedia della lotta fratricida tra Italiani; nell’Adelchi il trapasso in Italia dalla dominazione longobarda a quella dei Franchi.
Altre differenze con il teatro classicista ed alfieriano sono il maggior numero dei personaggi, la presenza di più protagonisti e la funzione nuova dei cori.
Nelle tragedie greche i cori erano parte integrante dell’opera, erano interpreti dei sentimenti e dei principi morali dell’opinione pubblica
I cori del Manzoni, uno nel Carmagnola e due nell’Adelchi, non sono parte integrante dell’azione e si possono perciò eliminare senza che l’azione ne soffra.
Essi costituiscono il commento lirico del poeta ai momenti culminanti delle vicende, il “cantuccio”, come egli dice, dal quale fare sentire la propria voce
COMMENTO E ANALISI ZANICHELLI
le due tragedie hanno un carattere essenzialmente lirico, in quanto esse rappresentano la visione pessimistica della storia che ebbe il Manzoni, il suo cristianesimo elegiaco o della Grazia.
La lentezza dell’azione teatrale e la lunghezza dei monologhi le rendono poco adatte alla rappresentazione.
le due tragedie hanno un carattere essenzialmente lirico, in quanto esse rappresentano la visione pessimistica della storia che ebbe il Manzoni, il suo cristianesimo elegiaco o della Grazia.
La lentezza dell’azione teatrale e la lunghezza dei monologhi le rendono poco adatte alla rappresentazione.
Approfondimento sulla figura di Ermengarda
Il teatro rinascimentale è anche dramma pastorale, i cui elementi costitutivi sono la fuga dalla realtà, percepita come troppo angosciosa, il miraggio di un mondo ideale, il malinconico senso della fugacità della vita, cui si cerca di opporre una gioia di vivere un po' forzosa. Gli autori principali sono Tasso (l'Aminta), Beccari e Guarini.
Tradizionalmente, il dramma pastorale ha il suo vero proprio esordio nella favola di Tasso chiamata Aminta
AMINTA
AMINTA
AMINTA
Pietro Trapassi, meglio noto come Metastasio (cognome grecizzato dall'abate Gian Vincenzo Gravina, suo protettore), fu drammaturgo e poeta eccelso. Riscosse onori e prestigio senza pari in vita ed una eccezionale fortuna europea, anche postuma: senza dubbio lo si può considerare il poeta più famoso del Settecento. Fu il librettista più popolare e influente della sua epoca, famoso per la limpida eleganza dei suoi versi e per la stringente costruzione delle sue trame. Per avere una idea della sua influenza, basti pensare che l'ARTASERSE fu musicato fra il 1730 e il 1795 da almeno 83 compositori.
Metastasio prese gli ordini minori (1714) e studiò giurisprudenza, pur continuando a coltivare la poesia. Nel 1718 si associò all'Accademia d'Arcadia con il nome di Artino Corasio. Dal 1719 visse soprattutto a Napoli, dove svolse anche la professione di avvocato, e dove poté frequentare il salotto della famosa cantante Marianna Bulgarelli, che si invaghì di lui e lo elargì di molti consigli ed appoggi.
Dopo un periodo (1724-1730) fecondo di successi a Roma e Venezia, dietro interessamento della contessa Marianna Pignatelli, nell’aprile del 1730 fu chiamato alla corte di Vienna per prendere il posto di Apostolo Zeno come poeta cesareo” (cioè dell'imperatore Carlo VI e poi di Maria Teresa), incarico che conservò fino alla morte, avvenuta il il 12 aprile 1782 (secondo Lorenzo da Ponte, di crepacuore, mai ripresosi dalla notizia della sospensione della sua pensione).
Tra i tratti peculiari dei drammi metastasiani che coinvolgono lo spettatore si possono annoverare la sospensione narrativa, gli equivoci, le sorprese continue: Metastasio vuole sensibilizzare lo spettatore con la forza e con la rappresentazione dei più diversi e svariati “affetti”: dilemmi, perplessità, rimorsi, conflitti tra istinto e ragione che dilaniano i personaggi. Tutto questo è inquadrato in un intreccio secondo un piano accuratamente equilibrato, in armonia con lei situazioni affettive, articolato in una continua contrapposizione fra 2 elementi che sono divenuti i mattoni tipici dell’opera seria: da un lato, i recitativi realizzati in versi sciolti per i momenti dinamici d'azione, aventi funzioni di narrazione e di dialogo e, dall’altro lato, in netta opposizione e contrasto, le arie in strofe rimate per esprimere i principali stati d'animo (affetti/passioni) di un personaggio a conclusione di un'azione o di una situazione scenica.
INDICE DELLE OPERE (DOWNLOAD GRATUITO)
INDICE DELLE ARIE
DIDONE ABBANDONATA
FRA LE OPERE PIU' FAMOSE DI METASTASIO FIGURA LA DIDONE ABBANDONATA.
DIDONE ABBANDONATA
FRA LE OPERE PIU' FAMOSE DI METASTASIO FIGURA LA DIDONE ABBANDONATA.
Conformemente al gusto partenopeo, la coreografia della Didone fu particolarmente sfarzosa ed esotica; Iarba compare sul palcoscenico accompagnato da leoni e altre "fiere", mentre nell'ultimo atto si assiste all'incendio della reggia di Cartagine ed altri effetti scenici.
DIDONE ABBANDONATA
FRA LE OPERE PIU' FAMOSE DI METASTASIO FIGURA LA DIDONE ABBANDONATA.
Il tono dell'opera è più incline alla tragedia rispetto ai melodrammi successivi. La parsimonia degli intrighi secondari così come l'assenza di personaggi comici ne sono una testimonianza al pari del finale, che con la morte della protagonista viene a costituire uno scioglimento del tutto anomalo nella produzione metastasiana, in cui l'esito della vicenda è generalmente lieto.